una giornata qualunque
Caldo umido. I pochi metri che separano le ariecondizionate dall' auto al caffe' sono sufficienti a farmi ricordare che tra i vari pregi di questa cittadina il clima non risulta nella lista. Cosi' entro ed ordino concedendomi un'aggiunta di muffin enorme, vista anche l'ora.
Non nascondo la delusione nel ricevere il frullato in un bicchiere di carta nonostante l'avessi richiesto esplicitamente for here. Delusione che viene almeno parzialmente bilanciata dall'annuncio qualche minuto piu' tardi che si', il caricatelefonino dimenticato qui l'altra volta l'hanno trovato e messo da parte. La cameriera sembra voglia rassicurarsi che non lo dimentichi qui un altra volta, pare voglia imboccarmelo l'aggeggio, tale il suo zelo nel riconsegnarlo.
Mi siedo accanto al tavolino preferito perche' quello che appunto preferisco e' occupato da un tipo - trasudante potenza fisica da tutti i pori. Di quelli tirati su' a tripla dose di doublecheeseburger per intenderci, con tanto di pelata aumentata da taglio zero stile alpha male, e braghette corte in perfetta assenza di gusto della serie con-queste-sono-un-vero. Incomincio col tirar fuori il portatile e considero la solita questione topografica: come piazzare frullato e cappuccino facendo in modo che le posizioni relative alla tastiera abbiano probabilita' minima di conseguenze catastrofiche?
Intanto il pseudofigo inconsapevole di avermi fregato il posto smanetta sul proprio, di portatile. Sembra voglia rassicurarsi della tenuta di ogni singolo tastino tal'e' la sua intensita' di battuta e l'espressione fissa e concentrata. Vabbe' mi dico almeno il mio posto se l'e' beccato uno tosto, nonostante l'apparenza di cui sopra. Lasciamolo scrivere in pace, che siano doveri occupazionali i suoi o missive private non importa poi molto.
Collego, controllo l'assenza di email tipica da domenica pomeriggio estivo, scelgo con quale sottofondo musicale isolarmi meglio dal rumore circostante (il frullato mi gusta ma il suono semicontinuo del frullatore mica tanto) e mentre attendo che i programmini si assestino e pondero su quale frase impostare nel menu' di stato dei vari chat ed IM client, in visione periferica percepisco dei cambiamenti violenti di intensita'. Lampi e bagliori, provenienti dallo schermo utilizzato dal summenzionato faticatore indefesso ed appropriatore del tavolino preferito. Spara spara spara spara. E di nuovo giu' tre o quattro frasi veloci veloci che, ora incomincio a capire, non vanno a completamento di qualche lettera importante o impegno di lavoro ma sono istruzioni per qualche socio di battuta di caccia o collega araldico o commilitone che sia. Il tutto in quel calderone virtuale dal titolo confermato visivamente che non posso fare a meno di sbirciare, ebbene si', trattasi di world-of-warcraft.
Cinque. Ore.
Tanto sono rimasto seduto al quasi giusto tavolino, mentre via via si affievoliva la speranza in una rapida conclusione dei combattimenti virtuali dell'usurpatore, e con all'altro lato uno che almeno aveva avuto la decenza di farsi crescere una cospicua barba e quando per meta' del tempo non guardava videocommedie sul suo di portatile, sembrava intento a comporre un tema letterario. Cinque ore.
E nonostante le sporadiche pause fisiologiche il pelato e' stato attaccato al suo warcraft inesistente, con tanto di cuffie per potersi immergere ancora di piu' in una realta' alternativa a quella tangibile. O neanche tanto alternativa, dato lo sforzo evidente fisico di polpastrelli, falangi, bulbi oculari e relative retine.
Dove andremo a finire. Meno male che nonostante gli anni -decenni- di ambiente informatico cibernetico computazionale, mai il sottoscritto soccombe' alle tentazioni ludiche della virtualita'.
E cosi', ignorando per quanto possible il signor braghette warcraftiane, seduto al tavolino quasi giusto, sono ritornato ai miei seri e dignitosi impegni.
Second Life.
Esclusivamente, s'intende, per lavoro.
(in kdo pravi, da mora biti vse po slovensko? Nostalgiki poddaje naj si poslušajo začetno poddajo lanske sezone...)
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